Luigi MELANDRI1892-1955
Nasce a Mezzano (Ravenna) nel 1892. Studia all'Accademia di Belle Arti di Ravenna, mostrando subito una predisposizione all'illustrazione, e si diploma nel 1914.
Dopo la guerra si trasferisce a Milano, dove opera dagli anni Venti agli anni Cinquanta, illustrando circa 160 libri di letteratura per ragazzi, per i principali editori italiani, e con una serie di collaborazioni con diversi periodici, soprattutto con il Corriere dei piccoli dal 1921 al 1946.
Realizza un numero notevole di importanti tavole per testi di argomento politico e sociale. Il suo lavoro raggiunge esiti particolarmente felici nelle illustrazioni di stile finemente liberty realizzate per la collana edita dalla casa editrice Modernissima, su testi di Verlaine, Baudelaire e con i suggestivi disegni dell'opera I deserti dell'amore di Arthur Rimbaud.
Collabora con molte case editrici del suo tempo, Paravia, Vallardi, UTET, SEI, per le quali illustra racconti storici, romanzi, fiabe, testi scolastici e libri di letteratura per l'infanzia.
Alla pittura l'artista dedica "il tempo libero" ritagliato dall' ingente lavoro di illustratore, prediligendo soprattutto nature morte di piccole dimensioni, paesaggi e ritratti che testimoniano una prorompente creatività e una raffinata sensibilità coloristica.
Frequenta gli ambienti culturali milanesi stringendo rapporti di amicizia con giornalisti, illustratori e pittori, amicizie che evolvono in un lungo sodalizio in particolare con i pittori Augusto Alvini, Valerio Fraschetti e Carlo Bisi.
Con i parenti e gli amici mezzanesi mantiene un rapporto affettuoso attraverso un costante scambio epistolare e visite periodiche, in occasione delle quali lascia loro dipinti che riproducono luoghi, paesaggi e immagini a lui care.
Uomo libero e generoso, ironico e disincantato, affronta in anni duri e difficili il "mestiere" di pittore, forte solo del suo talento, della sua cultura e della passione per l'arte a cui dedica tutta la vita.
Che è un uomo colto lo si evince dal suo lavoro, carico di citazioni, e dalle sue frequentazioni intellettuali, dalla sua confidenza con la letteratura e soprattutto con la storia dell'arte, che ama ardentemente. Ad un amico nell'agosto 1946 scrive: "… sento che sei stato a Venezia. Avrei voluto essere un bottone della tua giacca per poter ammirare anch'io quei grandi pittori del passato. Per noi contano soltanto questi: Tiepolo, Giorgione, Tiziano, hanno valore e importanza, gli altri grandi signori e padroni del mondo, quelli che fanno alto e basso e che possono dar mano per un capriccio all'infame macchina della distruzione non contano. I primi hanno portato in sé il soffio divino della creazione...".
Lavora con entusiasmo e autentica dedizione alla verità della pittura, così come suggerisce all'amico Ruffini nel febbraio 1942, "Intanto studiate come vi ho consigliato, siete molto giovane ancora ma colla buona volontà verrà un giorno che troverete la vostra strada" e, qualche anno dopo in una lettera del marzo 1948, aggiunge, "Sono contento che hai abbandonato la pittura metafisica, la pittura è pittura e basta. Sono sicuro che seguirai senza più scantonate la tua buona strada, obbedendo soltanto al tuo istinto che ti guida verso una sicura e stabile personalità".
Luigi persegue la sua passione in modo totalizzante, vivendo come un bohemien ironico e disincantato. Gli amici ai quali confida pensieri, riflessioni e stati d'animo, lo sanno e riconoscono l'eccentricità libertaria della sua esperienza. Uno di loro così gli scrive commentando la coerenza della sua scelta esistenziale: "tu vivi bene, capisco che la solitudine a volte preme e pesa, ma sei padrone di te e delle tue giornate, solo e libero, senza risentimenti, né rimpianti".
Negli ultimi anni, angustiato dal cattivo gusto imperante e dalla grettezza dei committenti, il suo disincanto volge in una amarezza palpabile che lo porta ad affermare "io dipingo per conto mio e tiro avanti come si può" e crudamente, nel febbraio 1947, "darei volentieri un calcio a tutto quanto, se avessi la merdazza assicurata vita natural durante". Fino a scrivere in una lettera del marzo 1948, riferendosi all'amico pittore Fontana, suo ospite, "lui sta salendo la sua parabola tutta piena delle sue illusioni, mentre che io discendo la mia già completamente deluso". Si avverte come si avvii alla vecchiaia senza sicurezze e con il dubbio forse di appartenere a quella generazione di artisti, di qualità, ma senza fortuna.
In realtà il suo lavoro, caratterizzato da una prorompente creatività, da una raffinata sensibilità coloristica e da una visionarietà elegante e ricca di riferimenti letterari, ha ottenuto il riconoscimento della critica specializzata, ma non è riuscito a garantirgli quella popolarità e quel successo in grado di assicurargli una vecchiaia serena.
Gli resta la riconoscenza delle generazioni di ragazzi che ha emozionato e incantato introducendoli, con le suggestioni fantastiche e la ricchezza stilistica del suo segno, nel mondo del gusto, dell'invenzione e della bellezza.
Una mostra sull'autore mezzanese è organizzata nell'ottobre 2010 proprio a Mezzano dall'Associazione Culturale Percorsi.
  • http://www.percorsimezzano.it/personaggi.htm