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Il frammenti che seguono sono tratti dal capitolo dedicato a Gandolin in Renato Simoni, "Gli assenti", Casa editrice Vitagliano, Milano, 1920, pp 149-157

"Gandolin"

Gandolin: non si può associare questa parola vivida e squillante al gelo e al silenzio entro i quali L.A. Vassallo è dileguato. Gandolin è un vero nome di battaglia, un programma di vita e di strepito, un colore purpureo agitato sopra il grigio monotono delle abitudini quotidiane; è tutto ciò che c'è di più lontano dagli strati negri del mortorio, dalla malinconia del cimitero.
(...) Ma se varrà un giorno la pena di scrivere la storia del giornalismo – di quest'arte piccola e meravigliosa – si dovrà riprendere il nome leggero che ora cade, e metterlo in luce e onorarlo, e porlo tra quelli che hanno meglio rappresentato le brevi glorie del foglio quotidiano.
(...) C'era largamente da scegliere tra tutti quegli spiriti tumultuosi ed effervescenti che costituivano il bel giornalismo d'allora. Gandolin scelse l'umorismo; ma comprese che l'umorismo letterario poteva adattarsi al giornalismo, ma non era del vero e proprio giornalismo; si rese conto che esso era un vino costoso, che non tutti potevano bere. L'equivalente popolare e chiaro di quella aristocratica arguzia era il riso. Gandolin andò al riso, al vecchio riso italiano, largo e consolatore, generoso e spensierato. E costruì l'articolo per l'allegria; anzi, fu l'allegria che gli dettò l'articolo. Tutto gli fu buono: il gioco di parole, il non senso sorprendente, il paradosso inaudito, lo scherzo un po' boccaccevole, la parodia senza fiele, il paragone incredibile. (...) Poi, quasi il verbo non bastasse, vole chiamare in sussidio il disegno. Introdusse nel giornalismo quotidiano il pupazzetto. Chi non conosce i pupazzetti di Gandolin? Tratteggiati alla brava, conservavano il senso e l'impressione della rapidità con la quale erano disegnati; erano quasi appunti per comodità del pubblico, segni per ricordare un pensiero giocondo o lo scoppio d'una risata. Gli uomini e le cose vi erano fissati con lo stesso procedimento ideale con il quale Gandolin li fissava nei suoi scritti; quindi una perfetta armonia tra l'articolo e l'illustrazione, nati l'uno e l'altra dalla stessa mente, fermati dalla stessa mano, completamento vicendevole, tanto che, talvolta, la figurina aveva il succo d'un bel periodo di prosa vivace e burlesca, e il periodo una certa composizione e una certa plastica che facevano pensare a un disegno. Dai primi assaggi di questo genere, fatti nella cronaca del Fanfulla, Arnaldo Vassallo apprese il proprio valore e potè rendersi conto della larghezza della sua comunicazione col pubblico. Volle fare tutto un giornale che avesse la sua impronta, e fondò, nell'87, il Don Chisciotte. Ecco un giornale indimenticabile. Quando nacque, esso inaugurò la battaglia del buonumore dove s'erano combattute le battaglie arcigne e severe. Erano i tempi del trasformismo di Depretis. Depretis fu il bersaglio dell'umorista; bersaglio continuo, quotidiano, a colpi di comicità; fu una opposizione epica...
(...) Sorsero i discepoli e gli imitatori; ma essi riproducevano la forma, non la sostanza; essi volevano distillare artificialmente ciò che era magnifico soltanto perché era spontaneo. Gandolin rimase unico, con propri tratti distinti...
(...) E, oltre che il solo, fu l'ultimo.
(...) Perché i tempi mutarono. Il giornale non visse più per la semplice virtù d'un nome e per la bellezza d'un articolo quotidiano. La sempre più ricca e complicata facilità di rapporti mise in prima linea la notizia; il telegramma divenne il tiranno; sorsero altri organismi, morirono molti uomini, si inaridirono molte fonti di comicità, il Don Chisciotte impallidì e finì.
I tempi più belli di Gandolin erano tramontati. Non che egli fosse diminuito; ma aveva dovuto accettare i bisogni nuovi. (...) Ma, giornalista vero com'era, comprese che bisognava dare al giornale un atteggiamento diverso (...) e passò a dirigere Il Secolo XIX di Genova; abbandonandosi però, anche là, sebbene più di rado, al piacere di scrivere alcuni di quei suoi articoli brevi e agili, che erano le ultime stoccate del cavaliere della Mancia...


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