Giovanni Gandini, un amico

In via Spiga si entrava in un giardino interno, poi su per una scaletta buia fino all'ingresso di un piccolo appartamento. Era la redazione di Linus. In cima alla scala c'era la prima stanza, dove lavoravano Fulvia e Cettina, al lavoro "serio" (la posta, l'amministrazione, ecc.). Nella stanza che aveva le finestre sul giardino c'era l'ufficio dove Linus (anzi, "il Linus", come si diceva alla milanese) veniva preparato. Una stanza con un camino, sempre spento, quasi tutta occupata da un grande tavolone quadrato. Da una finestra era man mano entrata una vite americana che cominciava a propagarsi su una parete. A questo tavolo lavoravano Giovanni Gandini e Ranieri Carano e ogni tanto Oreste Del Buono.
Linus n. 1, aprile 1965 Quando era uscito Linus, devo essere stato il primo lettore a leggerlo. Erano le sei del mattino e io stavo andando alla redazione di Gamma fantascienza. All'edicola della stazione, mentre compravo un quotidiano, buttarono giù un pacco. Un fascicolo verde, con su Linus e la sua copertina. Mi ricordo che lo lessi tra l'ammirato e il furioso (a Gamma stavamo baloccandoci con l'idea di fare una rivista a fumetti con i Peanuts) e conclusi da esperto: "Una bella rivista, ma commercialmente non durerà sei mesi..." Sei mesi dopo lavoravo al Linus come redattore e grafico.
Con Gandini l'atmosfera era rilassata. Non sembrava nemmeno di lavorare. Si parlava, si discuteva pacatamente (mi sembra ancora di sentire la sua voce baritonale) e ci si divertiva. Il suo atteggiamento verso il giornale era particolarissimo: lo faceva per sé, per qualche amico e per un pubblico ristretto che stimava. Il fatto che dopo un anno cominciasse ad avere un successo clamoroso lo contrariava. Diceva che il successo ti condiziona, e poi va a finire che si fa una pubblicazione commerciale. Infatti, al culmine del successo vendette la rivista a Rizzoli, credo un fatto unico nella storia dell'editoria. Quando sotto un Natale vennero a fare un servizio con Cochi & Renato, non si era fatto nemmeno vedere, e avevo dovuto rispondere io alle domande di un regista spocchioso.
In seguito mi invitò a lavorare a una nuova rivista, grande come un lenzuolo, Il Giornalone, che non ebbe successo e dovette chiudere presto ("Però ci siamo divertiti, Alessandri, no?" mi disse).
Io lavoravo dietro il deposito dei libri dall'altra parte del giardino. Non mi convocava, veniva lui. Mi ricordo la sua voce baritonale, che proveniva da dietro un enorme scaffale di libri che stava aggirando per entrare nel mio "ufficio". Invece di provare quel minimo di allarme che sul lavoro si prova quando si è interpellati dal capo, con lui si provava un senso di rilassamento. Era un amico.
Ed era sensibile. Quando si era deciso di mantenere solo quei pochi autori italiani, amici come Crepax e Lunari, non se la sentiva di rifiutare personalmente autori nuovi (cosa necessaria editorialmente per una serie di motivi di cui vi faccio grazia), e così aveva rifilato a me l'orribile bisogna. Fra quelli a cui dovetti dire no c'era anche un timido Bonvi alle prime armi...
Anche se non pensavo che a questa notizia della sua morte avrei ricevuto una tale mazzata, in un certo senso sono contento che ci siamo persi di vista in questi ultimi anni, con lui che aveva perso la voce, con noi che siamo invecchiati. Almeno me lo ricordo così: "Alessandri, che ne dice di fare per Natale qualche bel poster con Snoopy?" Perché non ordinava mai, chiedeva. E ti dava del lei.

Ferruccio Alessandri

Questo ricordo di Giovanni Gandini è stato scritto da Ferruccio Alessandri immediatamente dopo aver avuto la notizia della scomparsa dello scrittore ed editore di Linus. Nato nel 1929, Gandini è scomparso a 77 anni a Milano venerdì 17 febbraio 2006.