Franco MONICELLI 1912-1977

Franco Monicelli

Nasce a Ostiglia (Mantova, Italia) nel 1912. Figlio di Tomaso Monicelli.
PAGINA IN PREPARAZIONE
Muore a Roma (Italia) nel 1977.

Dramma dell'opposizione

Della nostra opposizione.
Credete che sia divertente dare addosso, e con tutti i mezzi s'intende, a quegli uomini, capi di partiti politici di sinistra, antifascisti non certo dell'ultima ora, alcuni provati da anni di bagno penale, perseguitati e vittime del fascismo, oggi mediocri e talvolta indegni rappresentanti ufficiali di quell'antifascismo per il quale essi, come noi, dedicarono gran parte della loro esistenza e a cui sacrificarono tutta la loro giovinezza?
Credete che non si sappia, noi di Cantachiaro, come la nostra spesso violenta ma sempre sincera opposizione, spiani il cammino alla falsa e ingiuriosa opposizione assurta ormai a regola di giuoco politico, della quale si servono le correnti reazionarie, fasciste e monarchiche?
Credete che sia facile, per noi, redigere un articolo di protesta contro le malefatte dell'antifascismo al potere, o disegnare una vignetta in cui si ridicolizza o si mette alla gogna questo o quell'uomo politico di sinistra?
È il dramma che viviamo, ogni settimana, amici, allorché siamo costretti a constatare come l'antifascismo al potere, non dia oggi quelle garanzie di onestà e di libertà per le quali tanto abbiamo lottato.
Voi direte che reazione, fascismo e correnti monarchiche non ne danno di migliori. D'accordo. Ma reazione, fascismo e correnti monarchiche sono state e sono da noi, spietatamente e settimanalmente combattute.
Settimanalmente, e da tre anni, noi abbiamo additato all'antifascismo ufficiale dove era il pericolo, dove si annidava la serpe che avrebbe finito con l'avvelenare, ancora una volta, l'atmosfera politica nazionale.
Con tutti i mezzi abbiamo cercato di denunciare alla pubblica opinione che il fascismo non era morto, che tre quarti del Paese sono, intimamente e dichiaratamente, fascisti.
Non c'ingannavamo: oggi si processa a Palermo un ufficiale dell'Esercito colpevole di aver sabotato la guerra fascista; un prefetto repubblicano permette a Napoli l'affissione regolare di manifestini fascisti; preti e sacerdoti si prestano a funebri rievocazioni littorie, in pubbliche chiese...
Scusate, di chi la colpa? Non è forse dell'imbelle e insipiente opera dell'antifascismo al potere, sordo a tutti i nostri appelli, non solo ma spesso contrario e violentemente ostile alla nostra campagna? Chi non ricorda i sequestri a cui il governo antifascista si abbandonò compiacentemente ai danni di Cantachiaro; e la congiura del silenzio organizzata contro di noi, proprio da coloro che avrebbero dovuto invece sbandierare, ai quattro venti, la nostra azione?
E la disonestà dilagante di cui, purtroppo, gli scandali e l'omertà politica manifestano come e quanto marcio sia sempre il bubbone?
Dovremo allora rifiutarci di denunciare tutto ciò?
Dovremo, anche noi, imparare dai partiti politici al potere, a convenientemente tacere e a far finta di niente?
Dovremo esimerci da quel libero diritto di critica che ci permette di dire pane al pane e vino al vino?
E passar sopra alle sciagurataggini di quegli uomini politici antifascisti che non fanno il loro dovere, o per lo meno, l'hanno troppo presto dimenticato?
Noi chiediamo tutto ciò ai nostri amici.
Ma sappiamo già che essi ci negherebbero il loro consenso e il loro suffragio, se noi scenessimo a un compromesso del genere.
Noi non permetteremo mai che l'antifascismo attuale, finisca con lo screditare del tutto l'antifascismo dei venti anni di persecuzione, l'antifascismo delle galere, l'antifascismo degli esuli e degli assassinati.
Noi rivendichiamo l'antifascismo sinonimo di libertà e di democrazia, l'onestà e la purezza dei suoi principi, la lacera ma invitta bandiera dei suoi ideali.
Noi siamo decisi ad opporci alla dilagante ondata di incompetenza, di disonestà, di ipocrisia che finiranno con il colpire alla schiena ciò che per noi è stato il soffocato anelito dei nostri vent'anni, la ragion di essere di tutta la nostra vita, fino ad oggi.
E non avremo pietà, non considerazioni di sorta, non pentimenti. Chi sbaglia dovrà pagare: chi abbandona il cammino tracciato dal solco sanguinoso di tutti coloro che per la libertà morirono, non ha diritto a proclamarsi antifascista.
Facile fu, durante la comune battaglia, parlare a tutti di libertà e di vittoria.
Oggi a vittoria ottenuta, si tenta di soffocare la libertà.
Finché avremo respiro e forza noi costringeremo i traviati e i disutili a fare i conti con noi.
Costi quello che costi.
Anche se, oppressi da una profonda e pesante amarezza, noi saremo costretti a condurre questa nostra azione, proprio contro coloro ai quali motivi di comuni sofferenze e di trascorse battaglie ci legano...
Ma non il deliberato proposito di diffamare e distruggere tutto questo indimenticabile, e per noi sacro passato.

MON. [Franco Monicelli]

[articolo prima pagina in Cantachiaro n. 4°/18 (2 maggio 1947)]