da Bombastium n. 2, novembre 2003

Così nacque il grande Al Levin

  • CATALOGO ITALIANO DEL FUMETTO AMATORIALE
  • COMICS CLUB 104 scheda
  • Aprile 1966: nasce Comics Club 104, la prima fanzine italiana (da Bombastium n. 2, novembre 2003)

  • Quando Castelli si accinge a compilare la «Guida a Topolino», la prima del genere, per il n. 3 di Comics Club 104, esiste ancora un ampio periodo «oscuro» di cui si ignora il nome del disegnatore. In Italia ancora non esiste una letteratura sull’argomento e le lettere alla Disney non ricevono risposta. Così viene inventato Al Lewin, allo scopo di coprire quel «buco» nella cronologia e per provocare delle reazioni dagli Stati Uniti. Infatti Mike Barrier, della rivista americana Funnyworld, risponde inviando a Castelli una preziosa indicazione: l’indirizzo di un certo Gottfredson, il quale si sarebbe poi rivelato il disegnatore di quasi tutto il periodo anteguerra per le strisce di Mickey Mouse.
    Nel frattempo la pubblicazione di Comics Club 104 è cessata, e la correzione non potrà essere effettuata che in un articolo sulla rivista Eureka, nel 1968. Ma intanto il nome del fantomatico Al Lewin è stato annotato in modo indelebile da esperti e appassionati, così da ricomparire puntualmente in "AZ Comics", dove gli viene attribuita la creazione di Eta Beta, nella "Trilogia di Topolino" dove Mario Gentilini (direttore di Topolino) ne sancisce il contributo al successo del personaggio, trasformandolo però in Al Levin, e ancora ne "I Fumetti" di Gaetano Strazzulla, dove l’autore afferma che "nel 1940 A.L. apportò altre modifiche sostanziali a Topolino", e ancora nel volume "Eta Beta" dove Gentilini riconferma a Levin la paternità del piccolo "uomo del Duemila"!
    Vista l’impossibilità di frenare il dilagare di questa sua invenzione, Alfredo Castelli, divertitissimo da questo splendido scherzo, vede ancora ogni tanto riapparire Al Levin o Al Lewin su riviste ed enciciopedie di tutto il mondo. Negli anni Settanta, a una precisa domanda, addirittura la Walt Disney aveva risposto di non poter escludere che Al Levin avesse veramente lavorato a Topolino: anche loro cominciavano a crederci.


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