La partenza del crociato / La ballata del prode Anselmodi Giovanni Visconti-Venosta
La famosa ballata viene scritta nell'autunno del 1856 a Tirano (Valtellina, alta Lombardia, Italia): uno studente ginnasiale di Como, che trascorre le vacanze presso la famiglia, è alle prese con un compito di italiano che richiede una composizione in versi sulla partenza di un crociato per la Palestina, ma non riesce ad andare oltre la prima strofa e ormai le scuole stanno per riaprire; la madre premurosa pensa di chiedere aiuto al giovane Giovanni Visconti-Venosta, brillante ventiseienne, il quale si diverte a mettere la cosa in ridere. Quando il lavoro viene consegnato a scuola, non ci vuole molto perché il ragazzo confessi il nome del vero autore. La composizione godrà subito di ampia popolarità arrivando fino agli anni Duemila. Verrà illustrata da molti autori, soprattutto Corrado Sarri, Aldo Mazza, Mario Pompei e Livio Apolloni.

LA PARTENZA DEL CROCIATO

   Passa un giorno, passa l'altro
mai non torna il nostro* Anselmo,
perché egli era molto scaltro
andò in guerra, e mise l'elmo...

   Mise l'elmo sulla testa
per non farsi troppo mal
e partì, la lancia in resta,
a cavallo d'un caval.

   La sua bella che abbracciollo
gli diè un bacio e disse: Va!
e gli pose** ad armacollo
la fiaschetta del mistrà.

   Poi, donatogli un anello
sacro pegno di sua fè,
gli metteva nel fardello
fin le pezze per i piè,

   Fu alle nove di mattina
che l'Anselmo uscì bel bel,
per andare in Palestina
a conquidere l'Avel.

   Né per vie ferrate andava
come in oggi col vapor,
a quei tempi si ferrava,
non la via, ma il viaggiator.

   La cravatta in fer battuto
e in ottone avea il gilè,
ei viaggiava, è ver, seduto
ma il cavallo andava a piè.

   Da quel dì non fe' che andare...
andar sempre, andare, andar...
quando a piè d'un casolare
vide un lago, ed era il mar!

   Sospettollo... e impensierito
saviamente si fermò,
poi chinossi e con un dito
a buon conto l'assaggiò.

   Come fu sul bastimento
ben gli venne il mal di mar;
ma l'Anselmo in un momento
mise fuori il desinar.

   Il sultano in tal frangente
mandò il palo ad aguzzar,
ma l'Anselmo previdente
fin le brache avea d'acciar.***

   Pipe, sciabole, tappeti,
mezze lune, jatagan,
odalische, minareti,
già imballati avea il sultan,

   Quando presso ai Salamini
sete ria**** incominciò
e l'Anselmo, coi più fini
prese l'elmo e a bere andò.

   Ma nell'elmo, il crederete?
c'era in fondo un forellin
e in tre dì morì di sete
senza accorgersi il tapin.

   Passa un giorno, passa l'altro
mai non torna il guerrier;*****
perch'egli era molto scaltro
andò in guerra col cimier.

   Col cimiero sulla testa
ma nel fondo non guardò
e così gli avvenne questa,
che mai più non ritornò!


* "nostro": "prode" in versioni successive

** "gli pose": anche "poneagli"

*** quartina sostituita in altre versioni con: "La città di Costantino / nello scorgerlo tremò; / brandir volle il bicchierino / ma il Corano lo vietò.

**** "ria": anche "ardente"

***** "guerrier": anche "pio guerrier"

  • "La partenza del crociato", articolo di Ottorino Cerquiglini, illustrato da Mario Pompei, pubblicato nel n. 18 del 3 maggio 1925 del Corriere dei piccoli
  • G. Visconti Venosta. "Il prode Anselmo", Viglongo, Torino, 1994; prima rist. 2001.